GENTILE professor Lorenzoni, ho letto con attenzione la sua lettera pubblicata ieri nella rubrica “Invece Concita” di Repubblica, che ho molto apprezzato perché rilancia una questione per me cruciale: l’importanza dello studio come strumento di mobilità sociale. L’istruzione garantisce a tutte le ragazze e a tutti i ragazzi la possibilità di essere autonomi, indipendenti, di essere cittadini consapevoli, a prescindere da quali siano le condizioni familiari e territoriali di partenza.

Non è un caso se come Ministero abbiamo voluto rilanciare, anche con un evento dedicato, la lezione di Don Milani. Non si è trattato di un esercizio di retorica, ma di memoria attiva, parte integrante di un percorso che stiamo facendo per far sì che la nostra scuola sia sempre più: innovativa, per essere al passo con i tempi; aperta, perché ha bisogno di alimentarsi anche delle esperienze dei territori e di altre istituzioni per poter dare a ragazze e ragazzi tutti gli strumenti di cui hanno bisogno; ma soprattutto inclusiva, nel solco di quanto ci chiede l’articolo 3 della Costituzione che anche lei, non a caso, ha citato.

Rimuovere gli ostacoli, essere punto di riferimento e luogo di riscatto sociale: la nostra scuola pubblica già oggi fa tutto questo. Lo ha confermato anche l’Ocse, con i dati pubblicati il 29 marzo scorso: fra le nostre e i nostri quindicenni le differenze socio- economiche di partenza pesano meno che in altri Paesi. Tuttavia altri dati, quelli che lei cita, raccolti attraverso l’Invalsi (lstituto Nazionale di Valutazione del Sistema di Istruzione) evidenziano un fenomeno che non possiamo sottovalutare. Nel nostro Paese, in particolare al Sud, la variabilità dei risultati fra le classi, nelle prove nazionali di matematica e italiano, è ancora troppo alta. La situazione, va detto, è in miglioramento. I dati da lei riportati fanno riferimento al 2016, quando la variabilità media dei punteggi fra le classi di una stessa scuola, in matematica, era del 14,1%, con punte di oltre il 27% al Sud. I dati aggiornati, che proprio oggi saranno presentati al Miur, parlano di un media nazionale, sempre in matematica, del 7,9%, con il Sud che scende all’11%. Ci stiamo riavvicinando a quella media del 5-6% che dovrebbe rappresentare lo standard. Si tratta di un passo avanti importante, che va sostenuto con azioni concrete che proprio grazie a questi dati – ribadisco qui il valore della valutazione del sistema, spesso al centro di polemiche – potremo mettere in campo con più efficacia. La variabilità fra classi è un dato che ha a che fare con la ‘democrazia’ di una scuola. Classi troppo omogenee, con alunne e alunni ‘raggruppati’ per ‘bravura’, rappresentano un fenomeno contrario ai principi della nostra Costituzione, che va arginato.

Nei prossimi giorni, anche alla luce dei dati Invalsi, scriveremo ai dirigenti scolastici per invitarli, da un lato a respingere le pressioni di quelle famiglie che vogliono imporre la loro voce sulla formazione delle classi, dall’altro a farsi carico, insieme ai docenti, di scelte coerenti con la nostra Costituzione. Lavorare in classi disomogenee, come dice lei, è più difficile. Ma la missione della scuola è quella di fare di ogni differenza una ricchezza. Naturalmente non lasceremo sole le scuole in questo sforzo. Al Ministero ho istituito un gruppo di lavoro, guidato da Marco Rossi Doria, già Sottosegretario, ma, soprattutto, un maestro, che ben conosce questi fenomeni. Il gruppo, entro l’autunno, avanzerà proposte concrete per sostenere insegnanti e dirigenti nella loro missione educativa, per un effettivo contrasto della dispersione scolastica.

Attraverso i fondi “PON” stiamo finanziando il potenziamento dell’offerta formativa anche in orario extra scolastico. Il che significa più scuola e di qualità, per tutte e tutti, soprattutto nei territori più difficili. Perché la povertà educativa è la madre di tutte le povertà. La scuola è l’unico agente possibile del cambiamento e saremo al suo fianco.

Cominciando dalle periferie, dove le scuole possono diventare avanguardie di sperimentazione educativa. Partendo da esempi che già esistono e facendone un modello. Per non lasciare davvero indietro nessuna e nessuno.

(l’autrice è la ministra dell’Istruzione) – Fonte

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