Bocciato. O congelato. Non in Parlamento, ma dai commenti al vetriolo che si susseguono: in primis dall’opposizione, ma anche nelle file degli alleati di governo. È un provvedimento che divide il ddl Pillon, il contestato disegno di legge sull’affido condiviso dei figli di genitori separati, che secondo i critici non terrebbe in considerazione i diritti dei minori. Proposto da Simone Pillon, senatore leghista e vice presidente della commissione bicamerale Infanzia e adolescenza, il ddl è al centro di polemiche da mesi. E ha incassato moltissimi no illustri. A partire dell’allarme lanciato alle Nazioni Unite in una lettera inviata al governo dalle relatrici speciali dell’Onu Dubravka Šimonović e Ivana Radačić, datata 22 ottobre, per le quali il testo «introdurrebbe disposizioni che potrebbero comportare una grave regressione, alimentando la disuguaglianza e la discriminazione basate sul genere, e privando le vittime di violenza domestica di importanti protezioni». Ma anche il placet del leader della Lega Matteo Salvini: il ddl Pillon «è un punto di partenza su cui bisogna lavorare: tutto è migliorabile».

I punti più contestati
Per la Garante per l’infanzia Filomena Albano la divisione paritetica dei tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore potrebbe risultare in contrasto con l’interesse del bambino, stravolgendo le sue abitudini pregresse. Secondo la Albano sono «gli adulti ad adeguarsi ai ritmi di vita dei figli e non il contrario. Per altri il problema principale del testo è l’abolizione del mantenimento. Sul punto ha espresso le sue perplessità anche il vicepremier Luigi Di Maio che ha parlato di «effetti imprevisti che dovremo correggere». C’è chi ritiene che il testo riporti indietro il diritto di famiglia a prima della riforma, quando si parlava di potestà e non di responsabilità genitoriale, che mette invece al centro il benessere dei minori. Fra i punti più contestati, oltre alla doppia residenza, «l’impostazione maschilista» del ddl, la dimenticanza del problema della violenza domestica. Per molti insomma l’impostazione culturale del ddl Pillon è un salto indietro nel medioevo, per altri il timore è che si tratti di un primo passo per smontare decenni di diritti sociali, compromettendo anni di battaglie. Per altri il minore e il genitore debole diventerebbero bersaglio del genitore forte, in posizione autorizzata di debolezza. c’è chi ritiene che la proposta ostacoli e renda più oneroso l’accesso alla separazione e al divorzio, non tuteli la libertà di scelta del minore, introduca un’equiparazione astratta tra i genitori e obblighi al ricorso a un mediatore a pagamento nelle separazioni con figli minori.

Le ombre del ddl
Per Massimo Gandolfini, presidente dell’associazione Family Day il ddl Pillon « è una proposta fatta di luci e ombre e sarebbe meglio riscriverlo». Le ombre stanno nella «bigenitorialità perfetta, che è utopistica, e nel meccanismo di sostegno economico, che rischia di essere discriminatorio nei confronti della parte debole». Per questo il ddl «va congelato e la questione va rivalutata». Nella lista dei contrari anche la presidente della commissione europea per i diritti delle donne (Femm) Vilija Blinkeviciute che ha sottolineato come se diventasse legge «restringerebbe i diritti delle donne: è inaccettabile, è una violazione dei diritti uomo e non potrei mai dirmi d’accordo». E una mozione del Consiglio regionale della Toscana – prima firmataria Alessandra Nardini (Pd) – ha impegnato la giunta regionale ad attivarsi con il Parlamento «affinché esprima una netta contrarietà al disegno di legge 735». Per Nardini è un disegno di legge «che mette in guerra i padri contro le madri, a danno soprattutto del minore».

A Torino il Consiglio comunale ha approvato due ordini del giorno firmati da Eleonora Artesio (Torino in Comune La Sinistra) e Marina Pollicino (M5S) che impegnano l’amministrazione a chiedere il ritiro del disegno di legge. Bocciato da Alessia Morani del Pd («Il ddl Pillon viola, tra l’altro, la convezione di Istanbul»), dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti («Inaccettabile il disegno di legge Pillon e il suo messaggio medievale»), dal parlamentare pentastellato e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle Pari opportunità e ai giovani Vincenzo Spadafora: «O si trova il modo per modificarlo in modo però netto o non credo che questo Parlamento approverà mai quel testo così com’é». La senatrice del Pd Valeria Valente, vicepresidente del gruppo dem e segretaria della commissione Giustizia ha chiesto che anche gli uomini si mobilitino contro il ddl. Come il ddl è stato bocciato da “Non una di meno”: «Il ddl Pillon – ha sottolineato Natascia Cirimele – sugli affidi condivisi può far aumentare oltremodo le violenze domestiche, mettendo più a rischio – ammesso che sia possibile – la vita di donne, mamme e figli per colpa di mariti e padri violenti che li ritengono di loro proprietà». Secondo Cirimele il ddl Pillon vuole difendere la famiglia tradizionale e ristabilire ruoli e gerarchie di genere, «dimenticando che la violenza maschile comincia nel privato delle case e si estende a ogni ambito della società».

Cassazione: non c’è una proporzione matematica per dividere il tempo con i figli
Sulla vicenda affido condiviso è intervenuta anche la prima sezione civile della Cassazione precisando che non esiste «una proporzione matematica» in base alla quale dividere a metà il tempo da trascorrere con i figli: il principio di “bigenitorialita’”, alla base dell’affido condiviso, «si traduce nel diritto di ciascun genitore ad essere presente in maniera significativa nella vita del figlio», ma non nella «parità dei tempi di frequentazione del minore». Insomma, non esiste nessun automatismo, ma il giudice deve tenere conto «del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti», della loro «capacità di attenzione» e delle abitudini.

di Nicoletta Cottone (Fonte Sole24Ore)

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