La prima denuncia della direttrice dell'orfanotrofio che riforniva Aibi

Qui a fianco pubblichiamo il verbale mostrato da alcune fonti interne in Italia e in Congo di “Aibi-Amici dei bambini”, l’ente autorizzato dal governo per rappresentare lo Stato italiano nelle delicate procedure delle adozioni internazionali. È uno dei tanti documenti che dimostrano che Marco Griffini, presidente e fondatore dell’organizzazione di San Giuliano Milanese, e il suo staff non hanno raccontato la verità ai genitori adottivi dei piccoli scomparsi e alla Cai, l’autorità governativa di controllo. L’8 marzo 2014 la direttrice dell’orfanotrofio che riforniva Aibi di bambini, Bénédicte Masika Sabuni, dichiara al presidente del Tribunale per i minorenni di Goma, in Congo, al procuratore della Repubblica, alla polizia e ad altre autorità che il giorno prima, il 7 marzo, quattro persone sono entrate nel suo istituto “Spd” e se ne sono andate con nove bambini. Dei quattro adulti la direttrice riferisce anche i nomi. All’oggetto è infatti scritto: «Denuncia a carico della famiglia: Moise Sadam, Kahindo Kasisi Bahwa, Kapalata-Kasereka, Salama Immacule», che evidentemente rappresentano più famiglie. Marco Griffini e il suo staff hanno invece dichiarato alle coppie adottive all’oscuro dei traffici e alla Cai, l’autorità centrale di controllo, che i quattro bambini in attesa di partire per l’Italia, tra quei nove scomparsi il 7 marzo, erano stati rapiti da «alcuni uomini armati non identificati». In particolare, gli operatori di Aibi hanno riferito verbalmente alle famiglie che i loro piccoli sono stati sequestrati da un commando di guerriglieri sconosciuti.

 

 

 

 

La prima denuncia della direttrice dell’orfanotrofio che riforniva Aibi

 

L'email con cui l'avvocato di Aibi trasmette il suo rapporto sulla scomparsa

L’email con cui l’avvocato di Aibi trasmette il suo rapporto sui fatti del 7 marzo

Il 15 marzo 2014 l’avvocato di Aibi a Goma, Martin Musavuli, trasmette via email (qui sopra) il suo primo rapporto sui fatti del 7 marzo denunciati dalla direttrice dell’orfanotrofio. Lo ricevono Eddy Zamperlin, operatore di Aibi in Congo, e gli altri suoi colleghi Filomena Giovinazzo, Mauro Pitzalis, Laura Brivio e Valentina Griffini, figlia del presidente-fondatore e responsabile per le operazioni di Aibi in Africa. Nel rapporto dell’avvocato Musavuli, come vedremo, non si parla di incursioni da parte di uomini armati ma dell’intervento di alcune persone che hanno riconsegnato alle loro famiglie naturali che li reclamavano i nove bambini, tra i quali i quattro già adottati in Italia.

 

 

 

 

L'avvocato a Goma informa Aibi: ai bimbi hanno dato nomi falsi

L’avvocato a Goma informa Aibi: ai bimbi hanno dato nomi falsi

Il rapporto dell’avvocato di Aibi inviato via email allo staff di Marco Griffini non parla affatto di rapimento da parte di alcuni uomini armati non identificati. Già dalla prima pagina (qui sopra) rivela una realtà ben diversa. L’avvocato racconta che un’educatrice dell’orfanotrofio ha cambiato nome ai minori «che sono tutti originari del Sud-Kivu, per dar loro dei nomi del Nord-Kivu». E riferisce che, proprio per questo, la direttrice dell’istituto «Madame Masika Bénédicte ha rivelato che sarà impossibile ritrovare i bambini». Secondo l’avvocato di Aibi, la direttrice sostiene che i nomi sono stati cambiati a sua insaputa. Ma come abbiamo scritto il 15 novembre scorso, la direttrice ha poi ammesso la verità davanti alle telecamere di una tv americana: «Adottati in Italia bambini mai abbandonati dalle loro famiglie». Evidentemente Madame Bénédicte non immaginava che il documentario e la sua confessione sarebbero stati trasmessi via Internet in tutto il mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il giudice che firmava le adozioni: quei bambini hanno genitori che li reclamano

Il giudice che firmava le adozioni: quei bambini hanno genitori che li reclamano

La seconda pagina del rapporto dell’avvocato di Aibi (qui sopra) contiene già tutte le informazioni che avrebbero dovuto spingere Marco Griffini, rappresentante legale dell’ente di San Giuliano Milanese, e sua figlia Valentina, responsabile delle operazioni in Africa, a dichiarare la verità ai genitori italiani e alle autorità di Italia e Congo. È il primo capoverso: «Tutti questi bambini hanno sia il loro padre sia la loro mamma in vita che oggi li reclamano», scrive l’avvocato dei Griffini a Goma: «Il presidente del Tribunale per i minorenni mi ha confidato che è stato lui a far rientrare all’orfanotrofio Rehema Melanie [una delle bimbe adottata da una famiglia italiana] prima che sparisse di nuovo (probabilmente», fa notare l’avvocato di Aibi, «lei è con sua madre). Sua madre ha reclamato sua figlia alla polizia speciale per l’infanzia. Il presidente del Tribunale per i minorenni ha affermato che la bambina Rehema Melanie assomiglia fortemente a colei che dichiara di essere sua mamma». Il presidente del Tribunale per i minorenni a Goma è Charles Wilfrid Sumaili, il giudice che ha firmato le sentenze che dichiaravano l’adottabilità dei bambini non adottabili e che, nelle comunicazioni interne, Aibi definisce proprio partner. Ed è proprio così: Sumaili è lo stesso magistrato che inventa le accuse per traffico di bambini contro gli enti incaricati dalle autorità italiana e congolese di mettere in salvo i minori ancora nelle mani di Aibi a Goma: denunce che Griffini puntalmente rilancia in Italia ripresentandole davanti alla Procura di Milano. Il presidente Sumaili è lo stesso che fa arrestare dall’amico procuratore di Goma un operatore che aveva messo in salvo quattro bambini e che durante la detenzione viene torturato. Ed è sempre lo stesso che ha confezionato le lettere e i verbali con cui Marco Griffini e Aibi oggi pretendono venti milioni da L’Espresso, colpevole di avere denunciato i traffici. Tra le frasi agghiaccianti riportate ai suoi superiori dall’avvocato dell’ente autorizzato dallo Stato italiano, una lo è più di tutti: «Il presidente del Tribunale per i minorenni mi ha confidato che è stato lui a far rientrare all’orfanotrofio Rehema Melanie prima che sparisse di nuovo». Cioè il presidente Sumaili, partner di Aibi a Goma, aveva già una volta sottratto la bambina Rehema Melanie alla sua famiglia (prima che sparisse di nuovo) pur sapendo che la sua mamma non intendeva abbandonarla. Anzi, la mamma ha reclamato Melanie davanti alla polizia speciale per l’infanzia.

 

di Fabrizio Gatti – Fonte

Pin It on Pinterest

Share This