Le donne alla fine della gravidanza entravano in sala parto con la speranza di dare alla luce il loro bambino, ma ne uscivano distrutte dopo che veniva loro comunicato che era morto alla nascita. Con il pretesto di evitare loro ulteriori traumi, venivano convinte a lasciare il corpicino alla clinica senza vederlo un’ultima volta. Una beffa crudele, perché in realtà i piccoli venivano occultati in scatole per biscotti e ceduti ai trafficanti di bambini per l’adozione illegale. Sedi di queste aberranti azioni quattro cliniche di Calcutta, centrali nel-l’attività di una banda scoperta e smantellata dalla polizia indiana nei giorni scorsi.

Otto gli arrestati, tra cui l’avvocato Prabhat Sarkar, il suo socio Jhantu Biwas, il proprietario della clinica Bakbul Baidya, un attivista sociale, il responsabile di un orfanotrofio locale, un medico tradizionale e due donne. Tutti arrestati a Baduria, nel distretto dei 24 Pargana, non distante da Calcutta. Una delle due donne Najma Bibi, sarebbe stata la responsabile principale del traffico, mentre gli altri avrebbero giocato ruoli diversi.

Durante la perquisizione degli inquirenti, in una clinica sono stati trovati tre piccoli nati tra tre e cinque giorni, pronti per essere consegnati – appunto in una insospettabile scatola per biscotti – ai trafficanti per un costo di 200mila rupie (poco meno di 2.800 euro) per un maschio, della metà per una femmina. Le indagini, che si sono estese con altri quattro fermi finora, avrebbero individuato almeno 45 neonati “venduti” in un biennio e in diversi casi sarà difficile risalire alla madre.

Un blitz che ha avuto successo, sicuramente una mossa significativa della giustizia indiana ma che non rappresenta una novità. Semmai una conferma, dopo che lo scorso anno la polizia di New Delhi aveva sgominato un’organizzazione caritativa che copriva traffici di natura meno nobile, ovvero la vendita per 550mila rupie ciascuno di neonati e bambini. Una ventina le transazioni accertate. In quel caso, alle madri ricoverate in cliniche compiacenti veniva fornito un certificato di parto e uno di nascita per i neonati che invece andavano ai migliori of- ferenti con il loro assenso.

Casi venuti alla luce per l’attenzione dei media e anche per un maggiore impegno della polizia dopo che il governo centrale ha deciso di ripulire l’India da una pessima fama fermando l’attività frenetica delle “fabbriche per aborti” governative e chiudendo le porte alla maternità surrogata a favore di coppie straniere. Quella dei bambini tolti alle famiglie è un altro capitolo nero nella storia recente del Paese. Il rapimento e il traffico di minori per adozione, espianto di organi, prostituzione o schiavitù è un problema di tutto rilievo e chiama in causa povertà, interessi economici uniti a senso di immunità, legislazione inadeguata o elusa.

Qualche conto non torna anche a New Delhi se su 30 milioni di orfani stimati nel Paese, lo scorso anno soltanto 3.677 sono stati ufficialmente adottati. Il 18% in meno rispetto all’anno precedente. Molti potenziali genitori cercano disperatamente un figlio e una parte almeno della domanda viene “soddisfatta”, da un lato, da madri e padri disperatamente poveri che rendono disponibili i propri figli per le adozioni illegali e dall’altro da un racket agguerrito che riesce almeno in parte a soddisfare le richieste di coppie, sia straniere, sia locali, alle quali la burocrazia preclude l’adozione in tempi rapidi di figli dell’età desiderata.

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