La faccina esultante di Michael è diventata virale negli Stati Uniti: alza il braccio e sorride, dietro una lavagna che reca scritto «Per alcune cose vale la pena aspettare. Dopo 832 giorni fuori famiglia, oggi sono stato adottato». La foto è stata postata dalle sorelle, ripresa fra gli altri da Good Morning America, Cosmopolitan, BuzzFeedNews e ABC News. «Non avevamo programma tutto questo, eravamo semplicemente felici che Michael fosse ufficialmente nostro fratello», hanno scritto. «Alcuni pensano che io e Dea siamo una coppia lesbica e che abbiamo adottato Michael insieme», ha scritto fra l’altro la sorella Jordae.

Michael ha tre anni e 832 giorni della sua vita li ha passati senza una famiglia. Sono due anni e tre mesi, più o meno. Nel febbraio 2015, quando aveva circa 18 mesi, Michael è entrato nella famiglia di Tara Montgomery, in affidamento. Quando è i giudici e i servizi hanno ritenuto che non ci fosse possibilità di rientrare nella sua famiglia d’origine, Tara ha fatto richiesta di adozione e dopo 832 giorni trascorsi in affidamento ai servizi sociali, Michael è ufficialmente parte della famiglia.

In Italia dall’ottobre 2015 una legge (la 173/2015) tutela la continuità degli affetti: quando un bambino, già in affidamento, viene dichiarato adottabile perché il giudice valuta che la sua famiglia d’origine non gli stia dando le cure morali e materiali di cui ha bisogno, la prima famiglia ad essere valutata per accoglierlo in adozione sarà – nel caso in cui ne faccia richiesta – quella dove il minore già vive. Ovvio? In teoria sì, in pratica ci sono voluti otto anni, dalla prima petizione lanciata dall’associazione “La gabbianella e altri animali” per chiederlo. Ma cosa è cambiato in questo anno di operatività della legge?

«Io non ho visto alcun caso di famiglie che abbiano adottato il bambino che avevano in affidamento», afferma a caldo Marco Chistolini, psicologo e psicoterapeuta che lavora da molti anni su affido e adozione e che giuto un anno fa ha pubblicato un libro per denunciare la «congiura del silenzio» sugli affidi sine die. «Può darsi ne esista qualcuno, ma di certo non c’è stato un cambio di passo. La legge prevede che la famiglia affidataria possa chiedere l’adozione del minore solo dopo che questo sia stato dichiarato adottabile e il nodo è esattamente questo, che troppo spesso i bambini non vengono dichiarati adottabili anche quando dovrebbero, perché il sistema sceglie di non decidere».

Giuseppe Spadaro è il presidente del Tribunale per i Minorenni di Bologna (qui l’intervista in cui spiegava a vita.it che la nuova legge consentirebbe quasi di immaginare due tipologie di affidamento): «Da noi è stata depositata una richiesta in tal senso, la prima, da parte di una famiglia che ha in affidamento un minore da tre anni. Anzi credo sia il primo caso in Italia di una domanda posta sulla base della nuova legge», rivela. Si tratta di un caso destinato a fare scuola, perché la famiglia che ha in affidamento il minore si è dichiarata disponibile all’adozione prima della dichiarazione di adottabilità del minore. «Loro hanno chiesto di valutare se il minore è adottabile, di fatto sollecitano il tribunale a valutare e decidere, in virtù del fatto che è trascorso un lungo lasso di tempo, se la capacità genitoriale della madre biologica sia o meno recuperabile. L’istruttoria è partita ora, abbiamo chiesto informazioni ai servizi sociali e stiamo ascoltando la madre biologica», spiega Spadaro. La legge non lo prevede, si può fare? «Questa famiglia l’ha fatto. Siamo in fase istruttoria, non posso anticipare la decisione, ma io sono favorevolissimo alla legge e mi spiace sia passata un po’ in sordina. È un dato di realtà il fatto che gli affidi non possono chiudersi dopo i 24 mesi previsti dalla legge».

Per Grazia Cesaro, presidente della Camera Minorile di Milano, a un anno dalla legge 173/2015 «di nuovo c’è una maggiore attenzione al ruolo degli affidatari per quanto riguarda lo stato del bambino e il percorso fatto con la famiglia, l’ascolto si è molto rafforzato e tutto questo ha portato a un rafforzamento della loro posizione. L’esperienza di cui loro sono portatori è sicuramente un pezzo importante, a cui era necessario fare più attenzione». Fare un bilancio della legge 173 e delle prassi individuate dai Tribunali è anche l’obiettivo del Convegno organizzato per il 20 gennaio a Palazzo Marino, Milano, dalla Camera Minorile di Milano e dall’AIMMF, dal titolo Il diritto alla continuità affettiva: un passo di civiltà, una legge superflua o un esempio di eterogenesi dei fini?” (iscrizioni a formazione@cameraminorilemilano.it). Mentre la Consulta Nazionale dell’Autorità Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza ha appena stabilito che per tutto il 2017 lavorerà su disagio psichico degli adolescenti, continuità degli affetti e tutela dei minorenni nel mondo della comunicazione.

di Sara De Carli – Fonte

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