Violenze, abusi, insulti. Toccano a 100mila bambini nel nostro Paese, mentre cambiano i governi. Centomila casi veri, presi in carico dai Servizi sociali. Non stime. Come prendere una grande città e riempirla di piccoli, e d’orrore. I numeri dei maltrattamenti sono in aumento, tanto che dalla prima indagine nazionale voluta nel 2015 dal Garante per l’Infanzia e condotta in partnership con il Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso dell’infanzia (Cismai) e Terres des Hommes, in collaborazione con l’Anci, sembra passata un’era geologica. In due anni il nostro Paese ha assistito all’aumento dei femminicidi e delle violenze domestiche, all’esplosione del cyberbullismo, all’emergenza di quasi 50mila minori stranieri soli sbarcati e dirottati più o meno a caso sul territorio.

Immaginarsi l’allarme delle associazioni impegnate sul campo, soprattutto per il Sud, dove si registrano 273 casi di maltrattamento ogni mille minori, sui 155 del Nord. E dove, per via della difficoltà economica delle amministrazioni, i servizi sociali garantiscono sostegno alla metà dei bambini presi in carico dalle regioni settentrionali. Tra le violenze che colpiscono i piccoli la più frequente –e all’apparenza la più innocua – è la “trascuratezza”. È l’Organizzazione mondiale della sanità ad avere chiamato così l’assoluta incapacità da parte dei genitori di prendersi cura, materialmente e affettivamente, dei propri figli. E la trascuratezza è il mostro che nel 47% dei casi, nel nostro Paese, fa arrivare davanti ai giudici dei tribunali dei minori, e agli psicologi delle comunità protette, bimbi denutriti, con disabilità o ritardi acquisiti (fisici, linguistici, emotivi), incapaci di relazionarsi con gli altri. «Parliamo di bambini che crescono in famiglie in fragilità come ad esempio la povertà estrema – spiega il presidente del Cismai, Gloria Soavi –, ma non solo. Bimbi dimenticati, abbandonati a se stessi, invisibili ai propri genitori». In forte aumento, quasi al 20% dei casi, c’è poi la “violenza assistita”: la ferita che segna per sempre i bimbi spettatori di maltrattamento su figure di riferimento, in primis la madre o i fratelli e le sorelle.

A seguire le violenze fisiche e psicologiche, gli abusi sessuali, l’universo del male su cui i media gettano luce quando Fortuna cade giù dal sesto piano di un palazzo a Caivano, e che poi continua a mietere vittime nel buio. Ancora, il dramma dei bimbi stranieri, i più vulnerabili al maltrattamento. Tanto che tra loro la prevalenza dei maltrattati è doppia rispetto a quella dei piccoli italiani: 20 bimbi stranieri ogni 1.000 contro gli 8,3 fra gli italiani. Prevenzione e confronto con le istituzioni, con gli esperti del settore e con il mondo della politica diventano allora il passaggio chiave per provare a invertire la rotta. E con questi obiettivi i prossimi 10 e 11 febbraio il Cismai organizza a Bologna gli Stati generali sul maltrattamento in Italia, un tavolo su cui si alterneranno le buone esperienze dei Comuni (da Torino a Bologna, da Milano a Sabaudia), le ricerche nazionali e internazionali più recenti sul tema, l’orizzonte normativo entro cui agire per arginare il fenomeno: «Da questo punto di vista sarà fondamentale per noi – spiega ancora il presidente di Cismai Soavi – la presenza del ministero della Salute, per esempio, che nei nuovi Lea ha previsto una voce per i bimbi oggetto di maltrattamenti.

Si tratta di poca cosa, ma è il segnale che di questi bimbi il Paese deve prendersi cura, serve un cambio di rotta culturale». E se per quanto riguarda il capitolo dei minori stranieri il Senato dovrebbe approvare proprio nelle prossime settimane una legge capace finalmente di tutelarli, mettendo ordine nel sistema della loro accoglienza (a questo proposito a Bologna interverrà la vicepresidente della Commissione bicamerale per l’Infanzia e l’Adolescenza, Sandra Zampa, prima firmataria del testo), all’Italia resta tanto da fare, dalla creazione di un sistema nazionale di sorveglianza per rilevare il maltrattamento, alla valutazione dell’efficacia delle politiche fino alla riforma delle strategie di intervento e alla formazione dei propri operatori. «Su questa sfida si gioca il futuro del Paese, che questi piccoli segnati dalla violenza rappresentano. Non capirlo significa non soltanto perdere loro, ma ipotecare il domani di tutti».

di Viviana Daloiso – Fonte

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